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Intervista a Tiziana – Ascolto, intuizione e dettaglio: così nasce un progetto EmmePi

  • Immagine del redattore: Laura Orlovic
    Laura Orlovic
  • 28 lug
  • Tempo di lettura: 3 min
Tiziana Piccinini - la nostra co-founder
Tiziana Piccinini - la nostra co-founder

Cosa ti ha portata all’architettura? L’architettura è sempre stata, per me, una forma di linguaggio. Da bambina ero attratta dagli spazi più che dagli oggetti: mi chiedevo perché certe stanze facevano sentire bene e altre no. Ho capito presto che progettare significava prendersi cura del modo in cui le persone vivono. Non è solo estetica: è empatia, precisione e sensibilità.


Come descriveresti il tuo ruolo dentro EmmePi? Mi occupo soprattutto della parte creativa e concettuale. In ogni progetto cerco il cuore dell’abitare, la cosa che fa “scattare” tutto il resto: può essere un gesto architettonico, un materiale, una luce. Amo il dettaglio, e sono convinta che anche le cose più piccole possano fare la differenza. Ma tutto parte dall’ascolto: capire chi abbiamo davanti, prima ancora di disegnare.


Qual è il primo passo, secondo te, per progettare bene? Ascoltare e osservare. Non propongo mai una soluzione immediata. Prima voglio capire le abitudini, i desideri, anche le paure del cliente. Poi viene l’intuizione progettuale. È un lavoro che unisce tecnica e delicatezza, perché una casa è qualcosa di intimo.


Qual è la parte che ami di più nel percorso progettuale?Mi entusiasma la fase in cui il progetto prende corpo. Quando dai materiali iniziamo a costruire atmosfere, quando il moodboard diventa spazio. Vedere il cliente riconoscersi in quello che abbiamo pensato insieme è la parte più bella. Non deve sembrare una casa “fatta da un architetto”, ma una casa fatta per lui.


Come integrate il gusto personale del cliente nel progetto? Non lo subiamo, lo interpretiamo. Il nostro lavoro non è imporre uno stile, ma accompagnare il cliente a scoprire il proprio. Spesso arrivano con idee confuse, immagini sparse. Il nostro compito è dare ordine, coerenza e forma a quell’immaginario. La nostra cifra estetica resta, ma è al servizio della persona.


Hai un materiale che ritorna spesso nei tuoi progetti? Il legno, sicuramente. È un materiale che sa essere contemporaneo senza essere freddo. Lo uso spesso per bilanciare superfici più tecniche o per dare calore a spazi molto puliti. Ma in generale mi piace mixare: materico e liscio, opaco e lucido, ruvido e morbido. Cerco sempre un equilibrio sensoriale.


Come affronti il tema del budget con i clienti? Con onestà. Non ha senso progettare una casa che non si può realizzare. Per questo lavoriamo sempre con un book dettagliato e una stima realistica. È anche un modo per educare il cliente alla complessità del processo. Il progetto deve essere bello, ma anche sostenibile e fattibile.


Il progetto che ti è rimasto nel cuore? Ce ne sono tanti, ma forse direi Appartamento M, dove abbiamo unito materiali naturali, scelte tecniche innovative e una grande attenzione alla luce. Ogni dettaglio era studiato, ma senza mai risultare freddo o artefatto. È un progetto che racconta bene il nostro modo di lavorare: precisione e umanità. 


Cosa non può mancare in uno spazio ben pensato? L’armonia. Che non significa simmetria o rigore. Significa che ogni elemento ha un motivo per essere lì. Quando tutto è in equilibrio — luci, proporzioni, materiali, funzioni — lo spazio funziona e fa stare bene.


Una frase che descrive il tuo modo di progettare? “Progettare è cucire lo spazio addosso a chi lo abita.” Ogni casa è unica, perché ogni persona lo è.

 
 
 

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